In breve:

Se la legalità non è un valore ma un prerequisito

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di Augusta Cabras

Parla anche di politica, don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, nell’ultima delle serate organizzate dalla diocesi nel contesto delle iniziative della Pastorale del turismo. «La politica, comincia dalle persone. Se non si è in grado di accoglierle e di riconoscerle, di costruire comunità dove i loro bisogni siano soddisfatti e le speranza delle persone non vengono soffocate, non c’è politica».

«La legalità è un’esigenza fondamentale della vita sociale per promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la costruzione del bene comune». Don Luigi Ciotti, cita un documento della CEI del 1991. E lo fa per iniziare una riflessione profonda, accorata, lucida, sulla situazione della nostra società, in cui la legalità rischia di essere sbandierata da più parti e da più soggetti, senza far seguire alle parole i fatti. Parla del rischio di una legalità di comodo, tarata a seconda delle esigenze personali, calibrata e sostenibile a seconda degli eventi. Una legalità svuotata e inutile. La legalità per essere tale è invece lo strumento che ha come obiettivo la giustizia, altrimenti si trasforma in uno strumento di potere. «La legalità che non è un valore ma un prerequisito – spiega don Ciotti – è la saldatura tra la responsabilità dell’Io e la giustizia del Noi. Per questo non bastano le regole. Le regole funzionano se incontrano coscienze critiche, responsabili, capaci di distinguere, di scegliere, di essere coerenti con quelle scelte. Il rapporto con le regole non può essere solo di adeguamento, tanto meno di convenienza o paura. La regola parla a ciascuno di noi, ma non possiamo circoscrivere il suo messaggio alla sola esistenza individuale: in ballo c’è il bene comune, la vita di tutti, la società».
L’educazione alla legalità si colloca allora nel più ampio orizzonte dell’educarci insieme ai rapporti umani, con tutto ciò che questo comporta: capacità di riconoscimento, di ascolto, di reciprocità, d’incontro, di accoglienza. Legalità è assunzione di responsabilità da parte di ogni individuo. Perché ciascuno di noi è chiamato in causa a costruire un presente e un futuro più giusto, per tutti. Perché se ancora la nostra Italia non è libera da mafie, corruzione, povertà, analfabetismo di ritorno è perché c’è ancora tanta indifferenza. Per cambiare le cose bisogna ripartire dal quotidiano e da quanto è attorno a noi; bisogna tornare al rispetto, all’etica, bisogna tornare ad essere coraggiosi nella costruzione del bene comune.
Legalità, Libertà, Giustizia, Uguaglianza, Responsabilità, Etica, Coraggio, Verità e Sapere. Don Ciotti pronuncia questa parole con forza, determinazione. Ricorda che dobbiamo avere la responsabilità delle parole e ognuna di queste parole da lui pronunciate è scandita per bene a ricordarne il senso profondo, a ricordarne la verità e l’essenza. Parole che pesano come macigni sulle coscienze addormentate, elementi fondanti per l’uomo e la società, correlati in un rapporto reciproco di causa ed effetto, parole vive che devono risuonare nelle azioni quotidiane di tutti gli uomini. E allora bando ai mormorii! e basta ai mormoranti! Basta lagnarsi! piangersi addosso, aspettare che siano sempre gli altri a fare e noi a criticare. Non è più tempo di delegare, di essere indifferenti, di lasciarsi vivere. Bisogna ripartire dal sapere, dalla conoscenza che rende liberi.
Don Ciotti parla del «peccato della mancanza di sapere», proprio ad indicare che la conoscenza superficiale, approssimativa, fondata sul sentito dire genera condizioni sociali misere, in cui non c’è sviluppo positivo, ma solo povertà culturale ed economica. Il rischio attuale è che ci sia una quantità enorme di notizie ma spesso di seconda mano. Invece serve conoscere, approfondire, formare coscienze critiche. L’invito alla conoscenza e al sapere vale per tutti e i giovani non sono esenti. Anzi. Dice don Ciotti: «le nuove generazioni hanno bisogno di buoni maestri, di punti di riferimento credibili, di proposte valide. Il rischio grosso è che invece gli adulti non siano capaci di questo. E allora è necessario fermarsi a pensare e capire per poi agire. Non basta commuoversi, bisogna muoversi, riconoscere quanto di bello ciò che ci circonda porta con sé, per rispettarlo, apprezzarlo, valorizzarlo, condividerlo». Nel dialogo con il nostro vescovo Antonello, don Luigi Ciotti allarga la sua riflessione portandola su diversi livelli. Ricorda Paolo VI e la sua definizione di politica, considerata, a ragione, la più alta ed esigente forma di carità. Cita Papa Francesco che lamenta «l’assenza della politica alta e trasparente sulla faccia di questa terra e avverte il bisogno di una politica di alte vedute perché molte volte la politica è responsabile del proprio discredito a causa della corruzione, della mancanza di buone pratiche pubbliche».
«La politica – dice don Ciotti -, comincia dalle persone. Se non si è in grado di accoglierle e di riconoscerle, di costruire comunità dove i loro bisogni siano soddisfatti e le speranza delle persone non vengono soffocate, se non c’è questo impegno non c’è politica. C’è solo esercizio di potere. La vera politica è saldare le speranze del singolo con le aspettative della comunità. C’è politica dove c’è l’impegno per diminuire le ingiustizie, per cercare la verità. Allora in questo senso io credo che noi dobbiamo riconoscere le positività incoraggiare chi fa bene ma non tacere dove c’è una distanza; perché se la politica è distante da chi è più povero e da chi fa più fatica la politica non è politica».
In una sera d’estate tante persone ascoltano in silenzio le riflessioni di questo sacerdote. E i diversi piani delle riflessioni s’intersecano continuamente. Legalità, società, politica, responsabilità ed ecologia. Ecologia della terra e della persona. Don Ciotti cita ancora Papa Francesco che dice: «il grido dei poveri è il grido della terra. La terra grida, parla, geme. Noi non l’abbiamo ascoltata a sufficienza la terra, l’abbiamo inquinata, sfruttata, abusata, distrutta». E Francesco ci consegna una cosa importante nella Laudato Sì. Lui dice: «i disastri e gli squilibri ambientali vanno di pari passo con gli squilibri e le diseguaglianze sociali». Per cui non basta occuparsi di una parte sola. Dobbiamo concentraci su entrambe. Sulla terra e sugli uomini. Sulle pari opportunità d’accesso alle risorse che non possono sottostare alle leggi del mercato. Per la salvezza di tutti.

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