In breve:

Vaccini. Ancora dubbi tra tante certezze

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di Maria Erminia Stochino*

Ritardare l’inizio del ciclo vaccinale è un rischio: significa prolungare il periodo in cui il bambino non è protetto contro alcune malattie che possono essere gravi e che sono frequenti nei primi mesi di vita.

È indubbio che le vaccinazioni rappresentano una rivoluzionaria scoperta che ha stravolto la storia della medicina. Recenti statistiche mostrano che le vaccinazioni hanno ridotto di più del 99% molte gravi malattie: del 100% polio, difterite e vaiolo, del 99% rosolia e morbillo, del 95% parotite, del 92% tetano e pertosse. Solo riferendosi a 7 dei 12 vaccini raccomandati sono state prevenute 33.000 morti e 14 milioni di casi di malattia per ogni coorte di nuovi nati, con un enorme risparmio anche in termini di costi.
Secondo l’OMS i vaccini sono in grado oggi di salvare 2,5 milioni di vite l’anno nel mondo, eppure il valore della prevenzione vaccinale non è adeguatamente compreso e rischia di essere seriamente in pericolo a causa della disinformazione e di falsi miti che, seppur privi di base scientifica, riescono con estrema facilità a far presa sull’opinione pubblica. Paradossalmente si potrebbe affermare che le vaccinazioni sono «vittime del loro successo»: non essendo più visibili le patologie che sono state debellate o sensibilmente ridotte è diminuita la percezione dell’importanza della pratica vaccinale, mentre vengono amplificati dal web messaggi allarmanti e preoccupanti sull’utilizzo dei vaccini e vengono diffuse notizie prive di fondamento scientifico.
Nel 2015 un sondaggio promosso da Datanalysis (Istituto demoscopico specializzato nell’area salute), condotto con lo scopo di indagare la percezione nei confronti dei vaccini, ha fatto emergere un quadro estremamente preoccupante. Paradossalmente, il 33% dei genitori intervistati pensa che i vaccini siano più pericolosi delle malattie che prevengono. Solo il 25,4% dei genitori intervistati è convinto che siano utili. Secondo il 25% non tutti i vaccini sono necessari, per il 19,6% sono troppi, per il 17% tanti vaccini somministrati insieme possono dare problemi… Per giunta, i genitori che vaccinano i figli non lo fanno correttamente. Più della metà (54,3%) ha fatto somministrare tutte le dosi solo per le vaccinazioni obbligatorie…, ma ben uno su 4 non l’ha mai fatto.
Questa paura delle vaccinazioni, che purtroppo riguarda non solo i genitori ma talvolta gli stessi operatori sanitari, medici inclusi, è ingiustificata e si basa su convinzioni completamente prive di fondamento scientifico. È quindi la mancata o la scorretta informazione che alimenta una serie di pregiudizi e false credenze permettendo il perpetuarsi di un comune errore «…per cui – come scrive la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, FNOMCeO – di fronte a un rischio per quanto altamente improbabile (la reazione avversa da vaccino), si trascura un vantaggio certo (l’immunizzazione rispetto ad una grave malattia), lasciandosi guidare più da diffidenze o sospetti che da prove scientifiche».
In molti sostengono che l’igiene e una vita sana sarebbero sufficienti a proteggerci dalle malattie infettive, che troppi vaccini vengono associati nella stessa iniezione, che i vaccini sono somministrati a bambini troppo piccoli e che indeboliscono il loro sistema immunitario, che causano malattie gravi come l’autismo o la morte improvvisa in culla (SIDS). In pochi sanno che seppur alla nascita e per alcuni mesi il sistema immunitario non è ancora perfettamente maturo, e i vaccini sono costruiti in modo da attivare la parte già in grado di rispondere adeguatamente. Ritardare l’inizio del ciclo vaccinale è un rischio: significa infatti prolungare il periodo in cui il bambino non è protetto contro alcune malattie che possono essere gravi e che sono frequenti nei primi mesi di vita, come la pertosse e le meningiti.
Proprio perché predisposti per la somministrazione di massa a popolazioni sane o potenzialmente fragili come i neonati e gli anziani, i vaccini sono tra i farmaci più sicuri, severamente controllati e garantiti. Il loro profilo di sicurezza viene raggiunto attraverso un lungo percorso autorizzativo, coerente con le più stringenti normative internazionali e secondo la più rigorosa metodologia, attraverso studi clinici sperimentali controllati e randomizzati, e sottoposti al controllo incrociato di esperti.
Riguardo ai vaccini, la comunicazione dei rischi è spesso difficile e richiede un’esperienza appropriata, poiché al giorno d’oggi la diffusione di Internet permette a chiunque di dotarsi di informazioni mediche. La comunicazione rappresenta una grande opportunità, ma bisogna considerare anche la possibilità di informazioni sbagliate che, se non controbilanciate da informazioni veloci e ufficiali, potrebbero rivelarsi dannose, con il rischio di una possibile esplosione delle malattie infettive prevenibili con il vaccino.
Certo, come tutti i medicinali, anche i vaccini possono dar luogo a reazioni avverse, generalmente lievi (es. febbre, gonfiore in sede di iniezione) e solo molto raramente gravi, di cui si occupa la vaccinovigilanza, che è quella branca della Farmacovigilanza che – attraverso la valutazione delle segnalazioni – consente di identificare eventi avversi rari e non noti e di adottare le opportune misure per garantire la sicurezza delle vaccinazioni nella popolazione. È anche grazie a tale disciplina che i vaccini vengono monitorati in modo costante durante il loro utilizzo finendo con l’essere tra i farmaci più controllati, in modo che i rischi legati al loro uso possano sempre essere confrontati con i loro benefici. In quest’ottica, l’accesso a strumenti adeguati per l’analisi dei dati, un rafforzamento delle regole di farmacovigilanza e una aumentata trasparenza possono migliorare la vaccinovigilanza e anche la fiducia dei cittadini nelle vaccinazioni.

*U. C. di Farmacologia Cinica – Università di Cagliari

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