A un passo dal cielo. Viaggio fra i Tacchi di Jerzu
di Claudia Carta
È il paradiso dei Tacchi. Un’immensa area naturalistica da sempre definita e fotografata come aspra e selvaggia, ma che racchiude in questo suo essere misterioso e arcano, tutto il segreto di un’avventura da vivere all’aria aperta.
Luoghi di incomparabile bellezza si snodano fra boschi rigogliosi e torri montuose, sorgenti d’acqua fresca e abbondante, grotte e anfratti profondi, e ancora dirupi, pareti rocciose perfettamente verticali, pendii scoscesi, vallate irregolari con scorci panoramici improvvisi, salti e piccole cascate che conferiscono al paesaggio, nel suo insieme, un fascino unico e indiscutibile.
Proprio la morfologia accidentata ed insolita del territorio offre numerosissime possibilità escursionistiche: dal trekking, per godere appieno i meravigliosi scenari naturali montani, fra i Tacchi calcarei jerzesi di Porcu ’e Ludu e Troiscu, o per assistere sgomenti ai magnifici giochi di luci e riflessi durante le varie fasi del giorno fra i picchi e gli anfiteatri di Gedili e Sant’Antonio, sui tonneri svettanti di Mammuttara o ai piedi del torrione di Corongiu che domina incontrastato il paesaggio; all’arrampicata o al free climbing per tutti gli appassionati del genere in cerca di adrenalina pura e di forti emozioni; fino alla semplicità e alla naturalezza del vivere a stretto contatto con una natura instancabile e silenziosa, lungo i suoi sentieri e i suoi percorsi, con i suoi gioielli archeologici altrimenti inaccessibili, con le sue sorgenti e i suoi torrenti, per trovarsi infine a contemplare in lontananza lo specchio azzurro del mare che in Ogliastra è un tutt’uno con il cielo.
Un vero sogno per gli escursionisti e per i bikers appassionati di storia, ma che non vogliono assolutamente rinunciare ad un’avventura a 360° in uno dei più suggestivi paradisi naturalistici. Pedalare…e ancora pedalare o semplicemente camminare all’aria fresca, prendendosi il giusto tempo per godere delle meraviglie che si trovano intorno. E la bicicletta è la compagna di viaggio ideale, in un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, ai piedi di Nuraghi, complessi archeologici, monumenti naturali. Qui, tutto diventa patrimonio dell’umanità.
L’itinerario escursionistico, alla portata di tutti, si sviluppa ad anello di circa 7 Km e pertanto può essere percorso in entrambe le direzioni. Si parte dall’oasi di Sant’Antonio, lungo la strada comunale verso Tacurrulu, fino alla biforcazione: a sinistra, in direzione Gessidu (dal nome dell’omonimo nuraghe), si giunge sulla balconata dell’altipiano, che costituisce un sensazionale punto panoramico che spazia fino al mare, su un territorio a dir poco delizioso. Abbandonata la strada che conduce all’Ente Foreste, il sentiero che attraversa il maestoso e spettacolare bosco di lecci giunge in località Poddini, sul versante meridionale della vallata di Alustia che vede dall’alto la statale 125. Da qui si risale a Sant’Antonio.
Nuraghi, falesie con strapiombi mozzafiato, tre antichi forni della calce, un torrione calcareo di oltre 15 metri, S’artareddu, per un’avventura che regala mille e una emozione in tutti i periodi dell’anno.
Fino a qualche decennio fa, nello stradone di Perdasdefogu o nel viottolo oggi nascosto dal rimboschimento, [nei pressi della chiesa di sant’Antonio] si svolgevano le corse dei cavalli: una gara massacrante perché i cavalieri cavalcavano a pilu, senza sella. Era una gara famosa in tutta l’Ogliastra e vi si confrontavano i più abili cavalieri, attirati più che dai ricchi doni, dal gusto della sfida, da sa balentìa. Nel 1850, vestiti dei loro costumi tradizionali, erano arrivati da Loceri, Barì e Ballao. Purtroppo la festa fu guastata dal parroco, il collerico ed imprevedibile vicario Pisano, che vedendosi negare la tassa di dieci centesimi sui premi in palio «saltò come un disperato fuori della chiesa, profferendo parole di vituperio alla presenza dell’intera massa popolare». non solon contro il malcapitato obriere, Salvatore Mura, ma anche contro il sindaco e lo stesso pretore del mandamento.
La corsa, ribattezzata con il nome di Palio della Rosa, in ricordo del Castello della Rosa, che sorgeva nel 110 vicino a Cuaddazzoni, è stata riportata in auge durante la sagra del vino dell’agosto 1995 [...]. Una gara appassionante, seguita da un pubblico attento e molto critico, si teneva nel costone a valle della chiesa: il tiro al gallo, che più tardi venne sostituito con una bottiglia lasciando lo stesso volatile in palio al tiratore più abile.
Sul calar della sera, «con l’accompagnamento della cavalleria e della confraternita», partiva la processione che riportava in paese il santo del miracoli.
(da Tonino Serra, Ierzu. La gente, i luoghi, la memoria, pagg. 140-141)
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