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Archivi: 2016

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Se la fragilità è ragione dell’arte

di Tonino Loddo
Virginia Brescia e Roberto Cau si sono avventurati su un percorso pieno di fascino e di azzardo: creare arte usando solo e semplicemente vetro. I risultati sono stupefacenti.

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Girasole, Don Congiu: un sacerdote amato da tutti

di Alice, Chiara Giulia, Roberta e Sandra
Una delle figure più note nel paese di Girasole, sia tra gli anziani che fra i giovani che ne hanno sempre sentito parlare, è don Ernesto Ferdinando Umberto Congiu,

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Padrini e madrine nella pratica dell’iniziazione cristiana

In un documento approvato ad experimentum per tre anni dai vescovi della Sardegna, le nuove linee-guida sul ruolo dei padrini e delle madrine nei sacramenti dell’iniziazione cristiana e sulle modalità della loro scelta. Nasce la figura del testimone.

I vescovi della Sardegna, nella seduta della Conferenza Episcopale Sarda del 17-18 ottobre scorso, hanno offerto ai presbiteri e ai fedeli alcune innovative linee di orientamento sul tema dei padrini e delle madrine nella pratica dell’iniziazione cristiana. Dopo aver ribadito che la comunità ecclesiale si deve adoperare per formare dei cristiani autentici e non solo dei “battezzati”, i vescovi hanno riaffermato «che tutta la comunità ecclesiale e, in concreto, tutta la comunità parrocchiale, si deve sentire responsabile dell’iniziazione cristiana dei fanciulli, dei ragazzi e degli adulti», chiamata – com’è – «a vivere questa responsabilità come vera e primaria missione evangelizzatrice». In particolare, nell’esaminare il percorso dell’iniziazione cristiana, dal Battesimo alla Confermazione, passando attraverso la partecipazione piena e consapevole all’Eucaristia, hanno richiamato il ruolo insostituibile dei genitori, quello dei catechisti, dei padrini, degli altri familiari e degli amici, e, ovviamente, quello del parroco.
Per quanto riguarda, in modo specifico, il ruolo dei padrini e delle madrine, oltre a sottolineare che, alla luce della normativa generale della Chiesa, deve essere previsto un solo padrino e una sola madrina per il Battesimo e un solo padrino o una sola madrina per la Confermazione, hanno anche invitato le comunità a riflettere sul «grande valore che il padrinato ha assunto lungo i secoli nella Chiesa, quale segno efficace della partecipazione del popolo di Dio alla crescita spirituale dei fedeli», e ammonito a sfuggire alla «tentazione di vedere nella richiesta della presenza dei padrini una sorta di adempimento formale o di consuetudine sociale in cui rimane ben poco visibile la dimensione di fede», richiamando nel contempo alla necessità di pensare «percorsi essenziali di preparazione insieme ai genitori, affinché i candidati a essere padrini riflettano sull’assunzione di responsabilità connessa con questo ruolo e sulla loro testimonianza di fede».
I vescovi, con attenzione pastorale hanno anche esaminato il caso in cui la persona che si desidera designare come padrino o madrina manchi di qualcuno dei requisiti necessari; in tale circostanza, si concede che tale persona possa essere designata come testimone del sacramento, giacché esprime una positiva vicinanza parentale, affettiva ed educativa. Resta ovviamente inteso che anche per il testimone è da prevedere un percorso di formazione al sacramento che si celebra; i padrini e gli eventuali testimoni, infatti, «non devono essere figure isolate ma vanno inseriti nel cammino che la comunità parrocchiale compie in vista dell’iniziazione cristiana dei candidati», compiendo «un percorso di preparazione personale, per approfondire il significato del sacramento che sarà celebrato e per saper offrire al neo battezzato e al neo cresimato un serio aiuto spirituale per la sua vita cristiana».
A tutti, infine, genitori e familiari, catechisti, padrini e testimoni, i vescovi affidano «il compito di continuare l’impegno dell’accompagnamento educativo cristiano anche dopo la celebrazione del sacramento», in collaborazione con il parroco, come pastore che rappresenta il vescovo in ciascuna comunità parrocchiale. A questo riguardo, nel documento si ricorda anche che il sacerdote abilitato a rilasciare il certificato d’idoneità per il padrino o la madrina è il parroco dove si ha il domicilio o il quasi domicilio.

Dida. Un'opera di Maria Lai

I Maestri e la Terra

di Luisella Cannas e Claudia Contu
L’opera d’arte ci viene incontro se facciamo silenzio (M. Lai)

Si intitola “I Maestri e la Terra” la mostra allestita alla Stazione dell’Arte di Ulassai che sta raccogliendo consensi regionali e nazionali.

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Girasole. Un piccolo paese una grande storia

di Paola Lai
Per la sua posizione geografica favorevole, il territorio di Girasole era abitato sin dall’epoca nuragica, come testimonia la presenza di ben quattro nuraghi. In seguito i fenici e i cartaginesi costruirono un porto nel punto di confluenza del rio Girasole con lo stagno, il cosiddetto porto di Sulci orientale, di cui si possono ancora osservare i ruderi nel settore nord dell’attuale stagno di Tortolì. Doveva essere uno dei tanti scali stagionali fenicio-punici della costa orientale sarda, un centro d’importanza strategica, essendo l’unico approdo sicuro nella zona. E fu proprio in prossimità del porto che i cartaginesi furono sconfitti dai romani nel 258 a.C. (battaglia di Sulci), durante la prima guerra punica.
Dal XII secolo testimonianze documentarie fanno riferimento a un paese denominato Gelisoi, poi diventato Gelisuli e infine Girasol, che la maggior parte degli studiosi identifica proprio con l’antica Sulci orientale. Il paese divenne in epoca medievale un centro molto fiorente, tra i più ricchi della zona, appartenente prima al Regno giudicale di Carali e poi a quello di Gallura. In seguito finì sotto il dominio di Pisa, a cui versava esosi tributi, e infine sotto quello degli aragonesi. Nei secoli successivi però il paese attraversò un lungo periodo di decadenza di cui si avvantaggiarono i comuni limitrofi.
Forse, l’elemento architettonico più rilevante del paese attuale è la chiesa dedicata a No. S. del Monserrato. Bisogna andare a cercarla tra le viuzze del centro storico, lontano dal traffico della strada principale; quando poi la si scorge, con la sua facciata bianca, il piccolo rosone, il campanile a due piani con le aperture ogivali, colpisce per la sua semplicità e la sua imponenza. Non vi è un vero e proprio sagrato ma di fianco alla facciata il piccolo giardino ospita una pianta d’ulivo. Anche l’interno è molto semplice: l’ampia navata rettangolare, su cui si affacciano piccole cappelline, la copertura con volta a botte, una cornice scalettata che corre lungo le pareti e, nella parte alta dei muri laterali, quattro semplici finestre fanno entrare una luce lieve. Addossato alla parete del presbiterio e incorniciato da un lungo arco, l’altare maggiore, che appare spostato sulla destra, in posizione asimmetrica rispetto alla navata.
Non si hanno notizie certe sulla data della costruzione dell’edificio, ma lo stile gotico aragonese, comune a molte altre chiese in Sardegna, e la stessa dedicazione a Nostra Signora di Monserrato, consentono di collocarla, almeno nella sua configurazione attuale, all’epoca della dominazione spagnola, tra il XVI e il XVII secolo. Certo è che nel 1700 la Chiesa subì importanti lavori di ampliamento ma soltanto nella parte sinistra; a ciò si deve la singolare asimmetria che caratterizza non solo l’altare maggiore ma anche l’ingresso esterno e il campanile, che appaiono tutti spostati sulla destra.
Diversi sono stati gli interventi di restauro successivi. Quelli avviati nel 1992 hanno riportato alla luce i resti di pitture murali, risalenti al 1600, raffiguranti una coppa. Quelli più recenti, realizzati nel 2000 e nel 2012, hanno ripristinato, oltre alla coppa, alcune delicate decorazioni floreali, i colori originari dell’altare maggiore e la pavimentazione in cotto.
Per le dimensioni ridotte, la linearità della struttura architettonica, l’assenza di elementi decorativi importanti e la semplicità degli arredi, la Chiesa di Nostra Signora di Monserrato si presenta come un ambiente gentile e suggestivo, intimo e rassicurante che accoglie il visitatore e lo invita al raccoglimento e alla preghiera.
Un peccato non addentrarsi nei vicoli di Girasole per andare a vederla.
Certo, è un piccolo paese, con i suoi 1200 abitanti e un territorio di appena 13 Km2, ma ha anche un primato, quello della densità demografica tra le più alte in Ogliastra. La sua popolazione è quasi raddoppiata negli ultimi vent’anni ed è in continuo aumento. Anche l’età media è piuttosto bassa: al di sotto dei 40 anni, contro i 43 di Tortolì e i 45 di Lanusei, Barisardo e Lotzorai.
Un paese “giovane”, dunque, e in continua crescita.

EBV JN 19.08.14

Il grande intrigo dell’elisir di lunga vita

di Fabiana Carta
Nel corso di quest’estate una notizia ha creato scalpore. È rimbalzata nei telegiornali e nei quotidiani locali e internazionali: venduto il DNA di 13 mila ogliastrini ad una società inglese che si occupa di biotecnologie, la Tiziana Life Sciences, per circa trecento mila euro. Detta così, effettivamente, fa un po’impressione. Nella banca dati acquistata non c’è solo il DNA, come ha scritto impropriamente la stampa, ma anche certificati di nascita e di morte, cartelle mediche e ricostruzioni genealogiche che risalgono a oltre quattrocento anni fa. La banca dati, una delle più grandi e antiche che ci siano, era della società SharDna, fondata nel 2000 dall’ex Presidente della Regione Renato Soru, che per undici anni ha raccolto i dati anagrafici, biologici e clinici degli abitanti di Talana, Urzulei, Baunei, Seulo, Loceri, Escalaplano, Ussassai e Perdasdefogu, paesi di centenari. Nel 2009 la SharDna è stata venduta alla Fondazione San Raffaele di don Verzé e qualche anno dopo, in seguito ad un disastro finanziario, è fallita.
Fino all’arrivo della società britannica. Possiamo domandarci come sia possibile che un progetto così innovativo, che ha destato l’interesse di gran parte del mondo scientifico internazionale, si sia potuto perdere con una vendita, senza che le istituzioni pubbliche si siano interessate nel tutelarlo. Dov’erano la Regione, l’Università di Medicina, le strutture ospedaliere? C’è stato qualche convegno per discutere sulla vicenda, ma forse la questione non era abbastanza interessante. I progetti su cui ha investito la Tiziana Life Sciences sono all’incirca questi: effettuare studi comparati con le altre aree del mondo dove la percentuale di ultra centenari è simile a quella dell’Ogliastra; per capire quali sono le basi genetiche della longevità e utilizzare quei dati per individuare tratti genetici legati a varie malattie, provando a sviluppare farmaci da immettere sui mercati per combatterle. Un bel business, pare! Poco tempo fa, come la trama di un film holliwoodiano, un’altra notizia bomba rimbalza su tutti i giornali: rubato il Dna dei sardi. Titoloni, panico.
Le provette di codice genetico custodite dal Parco Genos a Perdasdefogu sono misteriosamente scomparse. Tutto ha avuto inizio ad agosto, quando l’unica dipendente rimasta al Parco ha scoperto che alcuni cassetti dei banchi frigo erano stati svuotati. Trattandosi di dati estremamente sensibili sono scattate le indagini per individuare il responsabile del furto, ma soprattutto per capire se ci siano responsabilità sulle misure di sicurezza. I militari hanno messo i sigilli alla struttura di Perdasdefogu e ai laboratori della società SharDna a Pula. Un vero e proprio giallo. I giornali la definiscono “un indagine complessa”. Infine la svolta inaspettata: le provette con il Dna dei sardi non sono state rubate né portate fuori dalla Sardegna. Sono state semplicemente trasferite in un ospedale a Cagliari, su disposizione di Mario Pirastu; genetista che ha seguito il progetto dal 2000. È lo stesso Pirastu che durante le indagini ha rilasciato dichiarazioni come: “rubare le provette di sangue e dna dai freezer dei laboratori del Parco Genos, a Perdasdefogu? Mi sembra una storia incredibile”. Anche noi, a dirla tutta.