In breve:

Archivi: 2016

MINISTRANTI

Ministranti in Seminario

LANUSEI. Una mattinata vocazionale in Seminario con i ministranti della diocesi il 30 dicembre. Vi hanno partecipato oltre cento ragazzi e ragazze, oltre ai loro presbiteri e agli accompagnatori. Dopo la santa Messa presieduta dal Vescovo giochi di animazione biblica e un pranzo fraterno. Le parrocchie presenti erano: Arbatax, Arzana, Barisardo, Baunei, Jerzu, Ilbono, Lanusei (Santuario), Loceri, Seulo, Tortolì (S. Andrea), Urzulei, Villagrande S., Villaputzu.

LICEO CLASSICO DI TORTOLì

Un Liceo di eccellenza

TORTOLÌ. Per il secondo anno consecutivo, il Liceo classico di Tortolì si è classificato al primo posto tra i Licei della Sardegna. il migliore, per il secondo anno consecutivo, della Sardegna. A rivelarlo, la ricerca condotta da Eduscopio, il portale della Fondazione Agnelli, istituto indipendente di cultura e ricerca nel campo delle Scienze umane e sociali, che ha valutato anche quest’anno 4400 licei e istituti in tutta Italia. Esso infatti ha ottenuto un punteggio di 82,59 su 100. Il liceo del centro costiero si è lasciato dietro tutti gli storici licei isolani, tra cui il Dettori di Cagliari (71,37), l’asproni di Nuoro (66,66) l’Azuni di Sassari (67,74) e il De Castro di Oristano (64,72). Ben messo in graduatoria, anche se assai distanziato, il Mameli di Lanusei (68,17).

Lanusei

Inaugurate le sedi Caritas di Lanusei e Tortolì

“Sono presidi di carità nel territorio” ha detto il vescovo durante le cerimonie di inaugurazione cui erano presenti sacerdoti, fedeli e le massime autorità dei comuni interessati.

Apertura Porta della Misericordia 2015 -SC- (29)

Aperta a Lanusei la Porta Santa – “Innamorati della misericordia”

“Siamo qui – ha detto il vescovo Antonello nell’omelia – per dirci che l’affermazione paradossale di Gesù nel Discorso della Montagna: Beati i misericordiosi, ci invita a una conversione personale e comunitaria, perché portatrice insieme a tutte le Beatitudini di un modo ineguagliabile di vedere le persone e il mondo”.

di Maurizio Picchedda
parroco del Santuario Madonna d’Ogliastra di Lanusei

Il 13 dicembre 2015 resterà nella storia d’Ogliastra come una giornata memorabile. Per la prima volta, infatti, la porta santa del Giubileo è stata aperta non solo a Roma come è avvenuto finora fin dal 1300 ma anche nella nostra diocesi, come in tutte le diocesi del mondo. Una novità voluta da papa Francesco per dare a questo anno Giubilare un respiro veramente mondiale. La cosa straordinaria di questo Giubileo è anche il tema ben definito che il papa ha voluto dargli: quello della misericordia: tutto nasce dall’amore e tutto conduce all’amore. Papa Francesco ci suggerisce in quest’anno di prendere in considerazione, per viverle con maggior consapevolezza, le opere di misericordia corporale e spirituale.
La Chiesa Giubilare nella nostra Diocesi è il santuario Madonna d’Ogliastra in Lanusei e la porta santa della misericordia è la porta laterale sinistra del santuario. La celebrazione di apertura dell’anno Santo si è svolta nel pomeriggio del 13 dicembre. Dopo il saluto del vescovo Antonello e la lettura di un passo della bolla di indizione del Giubileo da parte del vicario generale, can. Giorgio Cabras, dal vicino centro Caritas è partita la processione solenne verso il Santuario. Mentre il vescovo portava solennemente in processione il libro dei vangeli, i fedeli cantavano le litanie dei santi, preghiera particolarmente solenne che si usa solo nelle celebrazioni liturgiche più importanti.
Arrivati alla porta santa il vescovo ha pronunciato davanti ad essa le parole del rito di apertura e vi è entrato prima lui e successivamente tutti i sacerdoti e i fedeli. Nell’omelia il vescovo Antonello ha prima di tutto richiamato al tema della misericordia. “Sono convinto – ha detto, tra l’altro – che oggi, per tutti noi, sia in gioco la nostra immagine di Dio. E mi chiedo, vi chiedo: Qual è l’immagine più ricorrente che abbiamo di Lui? Siamo qui, oggi, per dirci con gioia che il nome più bello da dare a Dio è “Misericordia”! Un nome che spesso abbiamo oscurato, sostituendolo unilateralmente con quello di un Dio giusto, ma che punisce e si vendica; sottovalutando così le parole e l’immagine di un Dio misericordioso, che mai vuole la morte del peccatore ma piuttosto che si converta e viva. Forse – ha aggiunto – anche la parola misericordia ci fa quasi paura. La scambiamo facilmente con debolezza, pensando talvolta che l’insistenza sulla misericordia minimizzi il peccato e il male. Questo sta a dimostrare quanto sia urgente tornare a riflettere, da cristiani, sul mistero della misericordia di Dio, e siamo grati a papa Francesco per il dono del Giubileo della Misericordia, un dono fatto alla Chiesa per sostenerla nel suo cammino a cinquant’anni dalla conclusione del Concilio Vaticano II”.
Poi, il vescovo si è soffermato “sull’attualità delle opere di misericordia, un vero e proprio manifesto per il cammino giubilare”. “Siamo qui – ha detto – per dirci che l’affermazione paradossale di Gesù nel Discorso della Montagna: Beati i misericordiosi, ci invita a una conversione personale e comunitaria, perché portatrice insieme a tutte le Beatitudini di un modo ineguagliabile di vedere le persone e il mondo”. E mentre l’attenzione dei fedeli si faceva percettibilmente più alta, il vescovo Antonello ha così proseguito: “Anche in Diocesi sono necessarie persone che si lascino raggiungere dall’annuncio commovente della Misericordia di Dio per poterne diventare testimoni nella vita quotidiana. Persone che si prendano a cuore gli altri perché raggiunte dal Cuore misericordioso di Dio. La nostra Chiesa diocesana è chiamata a mostrarsi innamorata della misericordia, come Casa dalla porta sempre aperta, come Madre che consola i suoi figli, come famiglie che non si chiudono in se stesse, come comunità che si interrogano sui bisogni del territorio.
“Chi ha imparato, anche solo frettolosamente a frequentare e a vivere della Misericordia di Dio, la riconosce presente nella nostra realtà anche quando si presenta modesta o addirittura nascosta. Ed è giusto darle il nome che merita e l’incoraggiamento che attende. Si trova nelle corsie degli ospedali, nelle aule delle scuole, nel tribunale, nelle celle del carcere, nelle case di riposo, sulle banchine dei porti, nei centri di accoglienza dei migranti, presso le stazioni, persino per strada. Vuole essere una parola d’ordine in tutte le nostre comunità ed è importante che presieda ogni parola e ogni azione pastorale. Per questo ci auguriamo un Anno attivamente misericordioso, illuminato da Maria, Madre della Misericordia”.
Durante l’offertorio si è compiuta l’offerta dell’olio per la lampada perpetua della Madonna d’Ogliastra da parte delle parrocchie della Diocesi, mentre al termine della funzione ad ogni fedele è stato consegnato un depliant sul Giubileo preparato dalla Diocesi.

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Vatileaks. Che succede?

“In nome della Chiesa, vi chiedo perdono per gli scandali accaduti in questi ultimi tempi; è inevitabile che avvengano scandali: ma guai all’uomo a causa del quale avviene lo scandalo”.

psicologo

Infanzia. Educare all’ascolto

Che succede ai nostri bambini? Il tempo li ha migliorati? Ne parliamo con il dott. Amgelo Sette, psicologo con una lunga esperienza ogliastrina in questo campo.

di Fabiana Carta

Partiamo da un presupposto: grazie agli studi che si sono susseguiti nei secoli si può affermare che l’adulto è il risultato di ciò che da bambino ha vissuto. Donald Winnicott, pediatra e psicoanalista inglese, aveva affermato che all’inizio della vita ogni individuo esiste solo in quanto parte di una relazione, e le sue possibilità di vivere e svilupparsi dipendono dal soddisfacimento del bisogno primario di attaccamento alla madre, che si prende cura di lui dandogli quel senso di sicurezza e protezione che sono basilari per la crescita. Proprio durante il periodo prezioso dell’infanzia si creano, nella mente assorbente come una spugna, tutte le condizioni cognitive e affettive che faranno sentire il loro effetto nelle fasi successive della vita.

Cambiamenti non sempre positivi
Insieme al dottor Angelo Sette, psicologo e psicoterapeuta con quasi quarant’anni di esperienza, cercheremo di entrare meglio nel meraviglioso quanto complicato mondo dell’educazione e dell’infanzia, analizzandone i cambiamenti positivi e negativi nel corso del tempo.
“In questi anni, nell’arco del mio lavoro, c’è stata una maggiore diffusione di conoscenze psicologiche sull’infanzia e sull’educazione, ed un più diffuso utilizzo di strumenti psicologici di indagine; questi cambiamenti positivi tuttavia non sempre hanno favorito lo sviluppo di un atteggiamento educativo più attento al mondo interno ed alle emozioni del bambino. Per un adeguato rapporto educativo è necessario recuperare le dimensioni più profonde: l’ascolto, l’attenzione al mondo personale, l’anima”. Insomma, siamo più concentrati sulla esteriorità e la tecnica, perdendo di vista l’aspetto interiore. Oggi possiamo godere di una cultura maggiormente attenta all’infanzia e alla sua tutela, di un gran numero di informazioni a disposizione dei genitori rispetto al passato, di maggiori conoscenze e possibilità. Ma come riuscire a galleggiare in questo mare pieno di studi, e tradurli in processi comunicativi e relazionali adeguati al bambino e alla sua crescita? “Secondo Winnicott la Natura ha dotato il genitore, in particolare la mamma, di quella disposizione naturale che lui chiama “preoccupazione materna primaria” che la rende attenta e in grado di far fronte ai bisogni del bambino. Ci ricorda, inotre, che è solo l’amore per il bambino che le consente di allevarlo nel modo più corretto “, mi spiega il dottor Sette.

L’età dei genitori impauriti
É vero che la Natura ci ha regalato questa dote innata, è vero che un padre e una madre di questi tempi hanno a disposizione un grande bagaglio di conoscenze, però è anche vero che “sono genitori impauriti e soli” perché in un mondo complesso come il nostro poco si fa per sostenere il loro ruolo ed esplicitarne le potenzialità . C’è bisogno di punti di riferimento e sostegno come i servizi sanitari e sociali, la parrocchia, la scuola. Il paradosso della società dell’immagine, del benessere materiale, dei grossi mezzi tecnologici, vuole che si comunichi molto meno e che si comunichi scambiando “più nozioni e oggetti che emozioni e significati”
Questo è un mondo che va veloce, dove i genitori spesso si fanno aiutare dalla tecnologia, tramite mezzi quali l’Ipad per raccontare una storia al bambino, “ ma in termini psicologici la differenza tra il racconto fatto dalla voce della mamma che trasmette presenza, calore, umanità ed un mezzo tecnico che racconta in maniera perfetta, è abissale”. Oggi si cresce immersi nella tecnologia digitale, e questo apre nuovi compiti educativi. In sé sono mezzi meravigliosi, utili e stimolanti, il problema non sta nel dispositivo tecnologico. “ Il problema sta nel loro uso e nella collocazione che diamo loro nella vita e nell’educazione; bisogna governarli, gestirli, conoscerli nel loro significato e bisogna impostare sul loro utilizzo un’educazione etica. Questo è un compito di noi adulti, delle istituzioni, della scuola e dei genitori. Siamo molto in ritardo nella consapevolezza profonda e nella realizzazione di percorsi educativi credibili su questi temi”. Occorrono regole e buon senso. Non lasciamo che la tecnologia si sostituisca al genitore, non lasciamo un bambino solo di fronte ad uno schermo, guardiamo il cartone o usiamo il videogioco insieme a lui. Non lasciamo che la vita immateriale/digitale vinca sull’emozione.

L’importanza dell’ascolto
Un bambino per crescere in modo sano ha bisogno di condizioni ambientali favorevoli: è di fondamentale importanza la presenza del genitore, l’ascolto, l’essere capito, accudito, incoraggiato, apprezzato, rispettato. L’esempio, il modello, è necessario nell’educazione, ancora più delle regole che possono restare parole al vento. “Conta la presenza, l’atteggiamento, e l’autenticità del genitore che vuole provvedere al bambino quelle condizioni che permettono a cose come la fiducia e i valori di svilupparsi, a partire dai suoi processi interiori. Importante la relazione, il saper spiegare il mondo al bambino mediandogli anche gli aspetti più difficili”.
Se un bambino non si sente apprezzato e stimato, se viene continuamente criticato, rimproverato e insultato crescerà fragile e infelice e potrà diventare un adulto incapace, insicuro, dipendente. Purtroppo nella nostra società “civilizzata” e “tanto informata “ si verificano gravi situazioni di abbandono, maltrattamenti e abusi sull’infanzia. E si sono moltiplicate le situazioni che il dottor Sette chiama di “grave inadeguatezza educativa”, anche se in Ogliastra forse non sono molto diffuse. Questi disagi sono materia di intervento del Tribunale dei Minori e vanno da casi molto gravi di abbandono o di violenza, dove si usa la sculacciata o lo schiaffo non in maniera episodica ma frequente, in cui l’intervento del Tribunale può determinare la decadenza della potestà e l’affidamento del minore ad altra famiglia, a quelli meno gravi dove la procedura si conclude con un invio dei genitori a un servizio per un percorso alla genitorialità. “Quando ci sono queste carenze affettive, situazioni di violenza fisica o verbale sui minori, è chiaro che si crea una sofferenza nel bambino che può portare, nella crescita, a problemi vari di ansia, depressione, danni allo sviluppo cognitivo, disturbi di personalità, danni all’autostima”. Alla luce di queste esigenze e problemi sarebbe augurabile, per il futuro, investire di più sulle Istituzioni e sui Servizi per l’infanzia: dalla Scuola, ai Consultori, alla Neuropsichiatria Infantile per la prevenzione e l’intervento precoce.

Il bullismo
Il fenomeno del bullismo può nascere da questo tipo di disagi. Il bullo è sempre esistito, non è un fenomeno frutto di questi anni, anche se oggi si avvale delle nuove tecnologie (cyber-bullismo). Il dottor Sette, per spiegarlo meglio, colloca il fenomeno nel tema più vasto dell’aggressività e delle sue manifestazioni, che tutti gli esseri umani per natura possiedono. “Tutto il percorso della civiltà e della crescita, alla fine, è consistito nel governare e gestire l’aggressività e la sessualità. Le condizioni educative ambientali favorevoli consentono un graduale controllo di essa e una sana gestione del conflitto. Tuttavia ci sono situazioni in cui si determina una difficoltà e carenza nel processo di sviluppo della personalità, in particolare lo sviluppo della socialità, da attribuire a un modello di attaccamento insicuro e a uno stile educativo inadeguato (troppo severo o troppo permissivo). Il contesto in cui si esprime il bullismo è la scuola, e – sottolinea Sette – “paradossalmente è una fortuna che episodi di questo tipo avvengano soprattutto tra le sue mura, perché c’è la possibilità di conoscerli meglio e tradurli in una opportunità educativa per il bullo e per tutti gli altri”. Perciò dove non arriva il servizio deve poter arrivare la scuola, che nel mondo di oggi è un’articolazione fondamentale, perché tutti i bambini passano per essa. Citando ancora Winnicott, la scuola, per tante situazioni difficili, è una “casa fuori di casa”, dove si ricerca una situazione emotiva stabile ed un gruppo capace di tollerare idee aggressive.

Educare alle emozioni
Dovremmo ricordare tutti l’importanza di educare alle emozioni. La parola stessa “emozione” significa “trasportare fuori”, non tanto indottrinare, ma consentire alla persona di esprimersi. Alla base dei rapporti con gli altri, in tutte le azioni, nel rapporto con gli oggetti, viviamo delle emozioni. “L’educazione emotiva coincide con l’educazione nella sua globalità, ne sottolinea l’aspetto di relazione e di attenzione al mondo interno del bambino ed ai suoi fondamentali bisogni, in primis quello di essere accettato, amato e rassicurato.”
Oggi stiamo rischiando che la tecnica mortifichi l’umano, relegando l’aspetto più emotivo. La nostra mente ha bisogno di nutrimento, ha bisogno di stimoli: l’arte, la musica, la letteratura, la comunicazione più dialogante, più calda. La conoscenza ci aiuta a fare civiltà, la civiltà è formata dagli uomini: uomini che sono stati bambini.

Chi è?
Mario Angelo Sette
, laurea in Psicologia (indirizzo Applicativo), con percorso di formazione in psicoterapia psicodinamica, psicopatologia, supervisione di casi clinici, presso l’ A.S.N.E. (Associazione per lo Sviluppo delle Scienze Neuropsichiatriche dell’Età Evolutiva), attualmente in quiescenza, ha lavorato presso il Centro di Salute Mentale di Lanusei e come Giudice Onorario presso il Tribunale per i minori di Cagliari.