In breve:

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Pastorale per il turismo: gli appuntamenti

La pastorale del turismo è un progetto della nostra diocesi dell’Ogliastra che prevede un ampio programma di iniziative – dal 20 al 27 agosto a Tortolì – e che evidenzia il multiforme fascino della nostra “amabile terra”, non dimenticando gli attentati di vario genere che ne deturpano la bellezza. Siamo consapevoli che parlando bene dei luoghi delle nostre vacanze, aiutiamo ad umanizzare la natura e a difenderla.
Come ha evidenziato il vescovo Antonello, presentando nel mensile diocesano le iniziative, si tratta di mettere insieme “riposo, spensieratezza, ma anche sguardi, temi e dialoghi che permettano di fare del nostro ambiente un palcoscenico in cui brindare alla vita”.
“Perché la Chiesa – ha aggiunto – dovrebbe impegnarsi in quella che viene chiamata pastorale del turismo? Non bastano le attività ordinarie, le parrocchie con la propria organizzazione e le occasioni d’incontro offerte quotidianamente dalle comunità?”. La risposta conferma il progetto: “Chiaramente tutto questo non viene meno, ma una diocesi come la nostra, arricchita da un territorio naturale di rara bellezza, e che ospita in estate migliaia di persone, può e deve programmare incontri e iniziative che abbiano un’impronta ecclesiale e una sensibilità culturale. Proprio perché la fede non va mai in vacanza, e la riflessione non può permettersi pause, mantenere alto il livello delle opportunità di incontro può manifestare pienamente il carattere ospitale e fraterno della nostra diocesi”.
Quest’anno è stato scelto un tema specifico: Amabile terra nostra. Per una nuova ecologia della persona e dell’ambiente, con un programma che prevede spazi e momenti dedicati al dialogo su temi di attualità, alle immagini fotografiche, alle mostre e ai concerti, tutto nello scenario dell’area esterna della Caritas, in via Mons. Virgilio, completamente ristrutturata. Sarà l’occasione per incontrare donne e uomini che amano parlarsi e dialogare, che apprezzano la bellezza dell’ambiente, dell’arte e della musica; donne e uomini che si sentono interpellate sull’ecologia della vita e della persona e che amano preparare il futuro con scelte che mettano insieme memoria e spiritualità, fede e vita, ospitalità e solidarietà.
Tra gli ospiti: don Luigi Ciotti, fondatore di Libera associazione contro le mafie; Franco Siddi, consigliere di amministrazione della Rai; il presidente della Dinamo basket Stefano Sardara; il calciatore Daniele Conti con Mario Passetti direttore generale del Cagliari calcio; i giornalisti Roberto Olla, Carlo Di Cicco, Gianni Garrucciu e Tonino Loddo; lo scrittore Giacomo Mameli; i medici per l’ambiente e del lavoro Domenico Scanu e Marcello Campagna; l’archeologa Valentina Porcheddu.
Sono previsti i concerti del sassofonista Gavino Murgia, del Duo Giuliani (violino e chitarra) e del gruppo Shardafrica, e un laboratorio di percussioni a cura della Scuola civica di musica per l’Ogliastra.
Ogni giorno, a turno ad inizio serata, diversi fotografi, coordinati da Salvatore Ligios, presenteranno per immagini i loro “sguardi d’autore” sull’Ogliastra (paesaggio, marine, tradizioni, religiosità, realtà contemporanea, artisti, centenari).
Una serata viene anche dedicata ai gruppi polifonici e folk (Macomer, Ulassai, Baunei), mentre la mostra fotografica di Pietro Basoccu sul carcere (Captivi) sarà visitabile tutti i giorni nella stessa area.
In due serate verranno presentati come “assaggi” anche le prelibatezze gastronomiche di due realtà locali: Lotzorai e Santa Maria Navarrese.
Da sottolineare infine la premiazione degli studenti che hanno partecipato al Percorso per i maturandi sul tema della comunicazione, organizzato ad aprile scorso dalla stessa Diocesi.

Presto il programma definitivo con date e orari su http://www.diocesilanusei.it

 

A Baumela il campo diocesano per le famiglie

“Come comunicare la gioia dell’amore”. Questo il tema del campo diocesano per famiglie che si terrà a Bau Mela dal 25 al 28 agosto. Sarà l’occasione per coppie e figli, quest’ultimi con momenti specifici di animazione, per confrontarsi sui temi dell’ “Amoris laetitia” di papa Francesco.
Per info e adesioni, entro il 18 agosto, indicando il numero dei figli e la loro età:
mail  iosel@tiscali.it
tel. 347.1929665  – 347.119358

 

Giornata Mondiale della Gioventù.

Segui su questa pagina il viaggio dei nostri giovani a Cracovia per la Giornata Mondiale della Giovenù a partire dal 25 luglio. Foto e reportages in diretta.

Sinai al sorgere del sole

Dio si rivela a Mosè

di Giovanni Deiana

Il modo con cui Dio si è manifestato nell’ Antico Testamento è un argomento che mi ha occupato per molti anni; il mio interesse risale agli anni ‘70 quando, sotto la guida del compianto prof. M. Dahood, iniziavo lo studio dei testi ugaritici; in questa città, Ugarit, il dio più importante si chiamava El ed era considerato, tra l’altro, il creatore del cielo e della terra. Subito pensai al Dio altissimo di Gen 14,19 di cui Melchisedek era il sacerdote. Uno studio più ampio della Genesi mi fece scoprire come il Dio venerato dai patriarchi non fosse Jahvè ma proprio il dio El. Naturalmente la ricerca richiese un esame accurato di molto materiale epigrafico che pubblicai in articoli per specialisti e di cui è superfluo riportare i titoli. Basti dire che alla fine, nel 1996, cercai di riassumere tutta la materia in una monografia divulgativa dal titolo Il Dio dell’Antico Testamento in S. Panimolle (ed.), Dio. Signore nella Bibbia, Dizionario di spiritualità biblico-patristica: i grandi temi della S. Scrittura per la “Lectio divina”, per l’editore Borla di Roma, alle pagine 18-121.

Decenni di lavoro all’Urbaniana
In sintesi, si può affermare che i patriarchi veneravano il Dio El e solo più tardi il popolo ebraico ricevette la rivelazione di Jahvè sul monte Sinai. Ma tutta l’esperienza religiosa precedente non fu mandata al macero, ma recuperata e può rappresentare un prezioso insegnamento per la Chiesa di tutti i tempi. Come è facile intuire, il mio lavoro era essenzialmente teorico e speculativo, destinato a restare confinato nell’ ambito degli studi per gli addetti ai lavori o, al massimo, per appassionati di argomenti biblici. Fu solo intorno agli anni ‘90 quando fui chiamato all’Università Urbaniana ad insegnare prima lingue bibliche e poi teologia biblica che quella ricerca risultò importante.
Prima di procedere è necessario spendere qualche parola sull’Urbaniana: si tratta di una università della Santa Sede, più precisamente di Propaganda Fide, che ha il compito di formare i futuri professori dei seminari sparsi in tutto il mondo, ma specialmente in Africa e Asia. Essa tuttavia fu istituita nel lontano 1627 da Urbano VIII con un compito ambizioso, quello di individuare nelle culture dei popoli i valori religiosi che possono essere recepiti e integrati nel cristianesimo.

La cultura classica e la salvezza
Non si trattava di una novità: Eusebio di Cesarea (265-337 d. C.) aveva scritto una monumentale opera in tre volumi (Praeparatio Evangelica) per dimostrare che molti elementi della cultura greca e latina avevano costituito una provvidenziale preparazione alla predicazione del Vangelo. Fu proprio a contatto con questi giovani che venni a conoscenza di un conflitto culturale vissuto in prima persona e in modo drammatico da questi ragazzi. In molte culture era di fondamentale importanza il culto degli antenati. Per noi sembra un problema di scarsa importanza, per loro, invece, costituiva un grosso ostacolo all’accettazione del cristianesimo. In breve, molti antenati di questi studenti erano vissuti e morti nel paganesimo. Questo poneva loro un grosso problema: potevano essi venerare i loro antenati e valorizzare il loro patrimonio spirituale? Altra questione connessa: poiché non avevano ricevuto il battesimo, erano in paradiso o all’inferno?

Una sintesi illuminante
Fu alla luce dei miei precedenti studi che trovai la soluzione: come la rivelazione di Dio a Mosè non aveva annullato le esperienze religiose dei patriarchi, così il cristianesimo poteva recuperare il patrimonio religioso delle generazioni passate; detto in altri termini, come il popolo ebraico aveva recuperato la spiritualità dei patriarchi incentrata sul culto del Dio El, così il cristianesimo poteva accettare nel proprio patrimonio i diversi elementi delle religioni pre-cristiane. Naturalmente questo lavoro, che in linguaggio specialistico viene chiamato inculturazione, non si può fare a tavolino, ma nei singoli paesi di missione dove la Chiesa locale, in primo luogo i vescovi, in stretta collaborazione con i teologi e gli esperti delle diverse materie, individuano i valori da conservare e quanto, invece, è incompatibile con il cristianesimo.
Vediamo i testi che rappresentano il fondamento biblico di quanto esposto fin qui.

Dio si rivela a Mosè
La cornice narrativa dentro cui si svolgono i fatti è nota. Mosè, che porta un nome tipicamente egiziano, è costretto a fuggire, forse a causa di intrighi politici scoppiati alla corte del faraone, e trova ospitalità nel territorio di Madian. È tra questa popolazione dedita alla pastorizia ai margini della penisola sinaitica, che Mosè, sotto la guida forse del suocero Jetro, matura la sua esperienza religiosa, la quale giunge all’apice nell’ apparizione sul monte Sinai, durante la quale Dio gli rivela il suo nome Jahvè. Riporto il testo biblico nelle sue parti più importanti: «”Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”… Mosè disse a Dio: “Ecco, io arrivo dagli Israeliti e dico loro: il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi. Ma mi diranno: Come si chiama? E io che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che colui che sono (ehjeh aer ehjeh!)! Questo è il mio nome per sempre”» (Es 3, 6-15).
La svolta
Il brano riportato è uno dei più importanti di tutta la Bibbia e segna una svolta nella religione del popolo ebraico. Mentre al tempo dei patriarchi Dio era chiamato El, come risulta chiaramente in Gen 28,19, qui appare a Mosè come Jahvè. e da quel momento Egli diventerà il Dio esclusivo del popolo ebraico. Ma questo non è avvenuto in modo traumatico ma in perfetta continuità: tutta la religiosità dei patriarchi è stata recuperata, come dimostra Es 6,2: «Dio parlò a Mosè e gli disse: “Io sono Jahvè ! Sono apparso ad Abramo, Isacco e Giacobbe come El Shaddaj, ma (con) il mio nome di Jahvè non mi sono manifestato a loro”».
Detto in termini più espliciti, nel culto di El, praticato dai patriarchi, era Jahvè, ancora sconosciuto ad essi, che agiva. Da questo si può arrivare ad un principio teologico fondamentale per il dialogo inter-religioso: le esperienze religiose possono assumere le denominazioni più disparate, ma, se sono autentiche, costituiscono una manifestazione dell’unico Dio, il quale può operare la salvezza anche nei contesti religiosi non formalmente ortodossi.

FOTO 2

A un passo dal cielo. Viaggio fra i Tacchi di Jerzu

di Claudia Carta
È il paradiso dei Tacchi. Un’immensa area naturalistica da sempre definita e fotografata come aspra e selvaggia, ma che racchiude in questo suo essere misterioso e arcano, tutto il segreto di un’avventura da vivere all’aria aperta.
Luoghi di incomparabile bellezza si snodano fra boschi rigogliosi e torri montuose, sorgenti d’acqua fresca e abbondante, grotte e anfratti profondi, e ancora dirupi, pareti rocciose perfettamente verticali, pendii scoscesi, vallate irregolari con scorci panoramici improvvisi, salti e piccole cascate che conferiscono al paesaggio, nel suo insieme, un fascino unico e indiscutibile.
Proprio la morfologia accidentata ed insolita del territorio offre numerosissime possibilità escursionistiche: dal trekking, per godere appieno i meravigliosi scenari naturali montani, fra i Tacchi calcarei jerzesi di Porcu ’e Ludu e Troiscu, o per assistere sgomenti ai magnifici giochi di luci e riflessi durante le varie fasi del giorno fra i picchi e gli anfiteatri di Gedili e Sant’Antonio, sui tonneri svettanti di Mammuttara o ai piedi del torrione di Corongiu che domina incontrastato il paesaggio; all’arrampicata o al free climbing per tutti gli appassionati del genere in cerca di adrenalina pura e di forti emozioni; fino alla semplicità e alla naturalezza del vivere a stretto contatto con una natura instancabile e silenziosa, lungo i suoi sentieri e i suoi percorsi, con i suoi gioielli archeologici altrimenti inaccessibili, con le sue sorgenti e i suoi torrenti, per trovarsi infine a contemplare in lontananza lo specchio azzurro del mare che in Ogliastra è un tutt’uno con il cielo.
Un vero sogno per gli escursionisti e per i bikers appassionati di storia, ma che non vogliono assolutamente rinunciare ad un’avventura a 360° in uno dei più suggestivi paradisi naturalistici. Pedalare…e ancora pedalare o semplicemente camminare all’aria fresca, prendendosi il giusto tempo per godere delle meraviglie che si trovano intorno. E la bicicletta è la compagna di viaggio ideale, in un luogo dove il tempo sembra essersi fermato, ai piedi di Nuraghi, complessi archeologici, monumenti naturali. Qui, tutto diventa patrimonio dell’umanità.
L’itinerario escursionistico, alla portata di tutti, si sviluppa ad anello di circa 7 Km e pertanto può essere percorso in entrambe le direzioni. Si parte dall’oasi di Sant’Antonio, lungo la strada comunale verso Tacurrulu, fino alla biforcazione: a sinistra, in direzione Gessidu (dal nome dell’omonimo nuraghe), si giunge sulla balconata dell’altipiano, che costituisce un sensazionale punto panoramico che spazia fino al mare, su un territorio a dir poco delizioso. Abbandonata la strada che conduce all’Ente Foreste, il sentiero che attraversa il maestoso e spettacolare bosco di lecci giunge in località Poddini, sul versante meridionale della vallata di Alustia che vede dall’alto la statale 125. Da qui si risale a Sant’Antonio.
Nuraghi, falesie con strapiombi mozzafiato, tre antichi forni della calce, un torrione calcareo di oltre 15 metri, S’artareddu, per un’avventura che regala mille e una emozione in tutti i periodi dell’anno.

Il Palio della Rosa
Fino a qualche decennio fa, nello stradone di Perdasdefogu o nel viottolo oggi nascosto dal rimboschimento, [nei pressi della chiesa di sant’Antonio] si svolgevano le corse dei cavalli: una gara massacrante perché i cavalieri cavalcavano a pilu, senza sella. Era una gara famosa in tutta l’Ogliastra e vi si confrontavano i più abili cavalieri, attirati più che dai ricchi doni, dal gusto della sfida, da sa balentìa. Nel 1850, vestiti dei loro costumi tradizionali, erano arrivati da Loceri, Barì e Ballao. Purtroppo la festa fu guastata dal parroco, il collerico ed imprevedibile vicario Pisano, che vedendosi negare la tassa di dieci centesimi sui premi in palio «saltò come un  disperato fuori della chiesa, profferendo parole di vituperio alla presenza dell’intera massa popolare». non solon contro il malcapitato obriere, Salvatore Mura, ma anche contro il sindaco e lo stesso pretore del mandamento.
La corsa, ribattezzata con il nome di Palio della Rosa, in ricordo del Castello della Rosa, che sorgeva nel 110 vicino a Cuaddazzoni, è stata riportata in auge durante la sagra del vino dell’agosto 1995 [...]. Una gara appassionante, seguita da un pubblico attento e molto critico, si teneva nel costone a valle della chiesa: il tiro al gallo, che più tardi venne sostituito con una bottiglia lasciando lo stesso volatile in palio al tiratore più abile.
Sul calar della sera, «con l’accompagnamento della cavalleria e della confraternita», partiva la processione che riportava in paese il santo del miracoli.
(da Tonino Serra, Ierzu. La gente, i luoghi, la memoria, pagg. 140-141)
125

La lunga storia dell’Orientale Sarda

di Augusta Cabras
Avere notizie sui nuovi e imminenti lavori per il completamento della nuova 125 è un’ardua impresa. Anzi è un’impresa impossibile.