Archivi: 2015
“Troverete un bimbo avvolto in fasce…”
di Maurizio Picchedda
“C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. (Lc. 2,8-12)
La notte di Natale è una notte particolare. Per noi cristiani è una delle notti più belle di tutto l’anno liturgico insieme alla notte della veglia di Pasqua. Per la maggior parte dei cristiani il Natale è la festa cristiana per eccellenza, ma in realtà è la Pasqua il centro dell’anno liturgico. Per qualcuno sembrerà strano ma è la Pasqua che illumina la notte di Natale. Si, perché se Cristo non fosse risorto nessuno avrebbe mai ricordato la sua nascita. In fondo, Gesù bambino adagiato nella mangiatoia ci ricorda Gesù adagiato sulla croce. Nella mangiatoia e sulla croce c’è lo stesso mistero: la Kenosis del Figlio di Dio, il suo abbassarsi, il suo svuotamento, la sua umiltà. L’evangelista Luca non intende presentarci un resoconto fiabesco della nascita di Gesù, c’è infatti qualcosa di drammatico nel suo racconto.
Luca è uno degli evangelisti più informati dei fatti, certamente deve aver avuto notizie dalla viva voce di Maria. Prima di tutto ci fa sapere le coordinante storiche e geografiche della nascita di Gesù: non vuole fare storia in senso stretto, ma ci vuole avvisare che la vita di Gesù non è bel racconto edificante, non è per l’appunto una bella fiaba, non è neanche un mito. E’ una storia vera! La sua nascita avviene nella storia: al tempo dell’Imperatore Romano Cesare Augusto, del governatore della Siria Quirino, in una villaggio della Giudea chiamato Betlemme. Non si tratta di un invenzione di qualcuno per manipolare la gente. Gesù è meravigliosamente reale.
Nel racconto entrano in scena Maria e Giuseppe. E’ una famiglia povera, semplice, in loro non c’è nulla di altisonante, eppure sono i custodi della salvezza del mondo. Niente di regale eppure sono la famiglia del Re dei Re. Anzi Luca ce li descrive come gli esponenti di quella povera gente umiliata dai capricci dei potenti. Devono infatti sottostare ad un viaggio lungo e pericoloso per obbedire al censimento voluto dall’Imperatore, forse per fare i conti delle tasse da dover riscuotere. Giuseppe e Maria non protestano, si mettono in viaggio. Proprio a Betlemme, il paese di origine di Giuseppe, nasce Gesù. Dove poteva nascere se non a Betlemme, il Messia? Si adempie così la Scrittura.
Luca è estremamente sintetico, nessuno commento. “Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoria”. Nel racconto non c’è niente di miracoloso, di fantasmagorico. Gesù nasce senza clamori, senza squilli di tromba. Nella grotta di Betlemme tutto è semplicità, tutto è povertà. Ma è proprio questa semplicità e povertà che ci rapisce il cuore e ci fa intuire che li, in quella grotta, c’è Dio. Luca non si dimentica di un particolare, che in questa notte, riecheggia nelle nostre chiese: non c’era posto per loro nell’alloggio. Questo particolare è solo cronaca? O è pura attualità nei nostri giorni? Gesù, forse, non trova ancora posto nei cuori di tanta gente.
L’orrore delle donne produttrici di bambini
di Gemma Demuro
La pratica dell’utero in affitto rischia di essere realmente sdoganata anche nel nostro Paese. Ma è contrario ai diritti della persona e al rispetto del suo corpo il fatto che si osi trattare una donna come un mezzo di produzione di bambini.
Non esiste l’infertilità assoluta! Questo è solo uno dei tanti slogan utilizzati da chi promette un figlio a coloro che un figlio non possono avere. E già, perché accanto ai viaggi di affari e alle crociere di svago, la nuova frontiera del turismo è rappresentato dalle cliniche della fertilità. A Kiev, come in molte altre città dell’Est Europa, si può trovare una donna che porta avanti una gravidanza altrui “ospitando” seme ed ovulo non suoi. Il prezzo, perché di commercio si tratta, varia tra i 20mila e i 40mila euro. Tanto vale un figlio. La pratica della maternità surrogata, comunemente nota come utero in affitto, è vietata in Italia ma non in altri paesi come Ucraina, Russia, Stati Uniti. Cosa può fare, quindi, una coppia che desidera un figlio ma non riesce ad averlo con le tecniche di aiuto alla maternità consentite nel nostro Paese? Semplice, attraversa la frontiera per recarsi laddove un figlio può essere comprato. È sufficiente essere sposati, contribuire con almeno metà del patrimonio genetico e dimostrare di non riuscire a portare avanti la gravidanza (così da evitare che questo metodo sia scelto da coloro che vogliono un figlio ma non la linea appesantita della maternità).
La madre surrogata, invece, deve avere già un suo figlio, essere giovane e sana, impegnarsi a disconoscere il figlio appena questo viene al mondo. Il tutto è sacramentato da un contratto e da un certificato di nascita dove appaiono come genitori quelli genetici o, come definiti da taluno con un linguaggio più da cantiere che da famiglia, appaltanti. Cosa succede quando questa coppia ritorna in Italia con il bimbo? La legislazione italiana vieta questa pratica. Nei pochi – rispetto al numero di bambini nati da maternità surrogata – casi arrivati all’esame di un tribunale si è assistito ad una sorta di legalizzazione tacita. Ormai diverse sentenze hanno reso lecito ciò che lecito non è. I ragionamenti giuridici possono essere condivisi o meno, ma ciò che preoccupa sono le giustificazioni di ordine etico portate a conforto di alcune decisioni.
Secondo una recente sentenza del Tribunale di Milano vi sono dei “concetti” ormai “patrimonio acquisito del nostro ordinamento” che “escludono che la genitorialità sia solo quella di derivazione biologica”. Ed ancora, “la tutela del diritto allo status e all’identità personale del figlio può comportare il riconoscimento di rapporti diversi da quelli genetici”. Coloro che, animati più dal buonismo che dal buon senso, plaudono a decisioni come queste e vedono nella gestazione d’appoggio la soluzione per rendere felice chi non lo è a causa della mancanza di un figlio sembrano quasi dimenticare che la scelta di diventare madre e padre è una scelta di altruità. Nella maternità surrogata ciò che fa da padrone è, invece, la logica industriale di domanda/offerta. Ci si trova davanti ad un imperialismo istologico dove la donna viene sfruttata per la soddisfazione del desiderio individuale ed egoistico con buona pace della sua dignità. Peraltro appaiono evidenti le ripercussioni etiche di una tecnica applicata senza remore morali e limiti giuridici, dove tutti e ciascuno dei soggetti coinvolti vede uscire sconfitta primieramente la propria dignità. Ma la ricerca spasmodica di un figlio, di un figlio voluto a tutti i costi contro le leggi umane ed etiche, non nasconde forse per i credenti la mancata accettazione del proprio limite?
Se la corruzione uccide il futuro
di Giusy Mameli
Dobbiamo ammettere a malincuore che l’onestà viene spesso ritenuta lo status dei perdenti e degli ingenui. Ma il futuro lo si costruisce creando un sistema dei diritti e abbattendo quello dei favori.
Fin dalla Genesi dell’umanità abbiamo dovuto fare i conti con la corruzione che oggi, alla luce dei molti scandali eclatanti, appare assai arduo estirpare. Si tende ad associare il termine con questioni economiche, ma possiamo valutarne un’accezione più ampia quale forma mentis di cattive abitudini nella quale manca la rettitudine morale (individuale e/o collettiva). Non si è più capaci di distinguere condotte illecite e si tende a giustificare ogni metodo (ancorché spregevole) pur di fare carriera ed affari. Sono stati scritti trattati sul tema, fino alle riforme legislative (attualissime ed in itinere in Italia).
Abbiamo vissuto gli anni ‘90 nella stagione di Mani Pulite, convinti di superare il malcostume della Prima Repubblica (ove il fine avrebbe dovuto giustificare i mezzi), stagioni di referendum, mobilitazioni popolari, scelte civiche …, nell’illusione che l’Italia si stesse risanando. Ma gli addetti ai lavori temevano che una rivoluzione morale/sociale di tale portata avrebbe necessitato di tempo per realizzarsi e di un progetto etico che divenisse sistema nazionale. L’entusiasmo, lo spontaneismo, lo slancio emotivo non sarebbero stati sufficienti: corrotti e corruttori avrebbero trovato modi più sofisticati per delinquere indisturbati e coalizzarsi in una sorta di apparato criminale di connivenze e prevaricazioni. Dobbiamo ammettere a malincuore che l’onestà viene spesso ritenuta lo status dei perdenti e degli ingenui e non si riconosce l’incorruttibilità come valore, come corresponsabilità verso il bene comune, ma anzi la si considera un’utopia. La dice lunga in proposito il fatto che l’Italia abbia dovuto istituire un’Autority anticorruzione! Le risorse umane ed economiche dirette a realizzare progetti illeciti sottraggono sviluppo alle forze sane della società, ai giovani che si vedono preclusi spazi di lavoro, di programmazione, di investimento. La civiltà di un popolo si riconosce anche dalla capacità di isolare i corrotti, dal prendere la distanza dai corruttori, dal non giustificare (in nessun caso e per nessun motivo) tali metodi.
Papa Francesco sta promuovendo una nuova stagione di riscatto morale, una rinnovata trasparenza che dovrà impedire sotterfugi o manipolazioni a chi volesse utilizzare metodi che con il cristianesimo niente hanno a che vedere. Sappiamo bene che tale rivoluzione deve partire dalle nostre coscienze: è necessario promuovere l’etica personale e professionale, uno studio più assiduo dell’educazione civica, i progetti di legalità spesso enunciati ma non sempre concretizzati in azioni positive. La corruzione è come un cancro: contamina anche il tessuto sano della società, occorre estirparla una volta per tutte, comprendendo che non si tratta di essere più scaltri o del così fan tutti. Se non vi sarà una riprovazione sociale diffusa, prima o poi ci si abituerà alla corruzione o, peggio, la si tollererà come un processo ineluttabile. Sappiamo di non dover perdere la speranza, ma senza fatti concreti e atteggiamenti personali coraggiosi e intransigenti la rivoluzione morale non potrà compiersi. Il fingere che il problema riguardi sempre qualcuno lontano da noi non ci aiuterà a risolvere questa vera e propria emergenza: ribadiamo con forza il sistema dei diritti e non quello dei favori!
Ci risiamo. Il tribunale di Lanusei rischia la chiusura.
di Augusta Cabras
“È in corso presso il Ministero della Giustizia lo studio della riforma della geografia giudiziaria, con valutazioni di diverse proposte di soppressione e accorpamento delle Corti d’Appello e dei tribunali ordinari”.
Troverò posto nel “presepio”?
di Mons. AntonelloMura
Il Natale ci riproporrà una storia millenaria da celebrare e una memoria di fede da rinnovare. Continuiamo infatti a dirci che la novità della vita è sempre Cristo, e che siamo in viaggi “dalla creazione al Signore”, fin al traguardo finale, quello di raggiungere “la statura di Cristo”, unico futuro dell’uomo.
Le opere di misericordia – Visitare i carcerati
di Tonino Loddo
La nostra storia comincia lontano, in quei favolosi Anni Sessanta, quando se avevi una chitarra in mano ti sentivi imperatore della Cina. La musica beat contagia tutti e arriva anche in periferia. A Lanusei nasce un complesso che vuole seguire la linea melodica dei vari Beatles, Rolling Stones, Rokes, Dik Dik, Giganti e Camaleonti.